Arresto di due presunti agenti del servizio segreto serbo in Kosovo

 Un'operazione investigativa di diversi mesi ha portato all'arresto di due presunti agenti del servizio segreto serbo (BIA) a Ferizaj. L'Agenzia di Intelligence del Kosovo (AKI) e i suoi funzionari, artefici dell'operazione, hanno raccolto con successo prove per convincere l'Ufficio del Pubblico Ministero e la Polizia ad agire. Ma chi sono i due individui arrestati con l'accusa di lavorare per la BIA?

Arresto di due presunti agenti del servizio segreto serbo in Kosovo
 



Secondo fonti, i sospettati sono Bedri Shabani e Muharrem Qerimi.

Gazeta Express è riuscita a ottenere informazioni dettagliate sui loro profili, su cosa sono sospettati di fare e su come hanno operato dagli anni '90, particolarmente negli ultimi anni.

Profili degli Agenti Sospettati

Bedri Shabani ha lavorato come funzionario doganale negli anni '90, durante l'era di Slobodan Milosevic, mentre Muharrem Qerimi ha prestato servizio come ufficiale nella Polizia del Kosovo fino a poco dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo.

Interessantemente, questi due individui non hanno operato come un team ma avevano lo stesso contatto all'interno della BIA.

Il Loro Contatto nella BIA

Il loro superiore sarebbe stato Srdjan Rosic, un ufficiale serbo della BIA nato a Ferizaj, il cui nome è emerso durante la testimonianza di Bogoljub Janicijevic all'Aia.

Attività Presunte

Cosa hanno fatto esattamente Bedri Shabani e Muharrem Qerimi, o hanno tentato di fare?

Le informazioni raccolte dalle agenzie di sicurezza del Kosovo indicano che il loro obiettivo era quello di contaminare e criminalizzare l'Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA) fabbricando prove o creando falsi testimoni.

Bedri Shabani, secondo queste fonti, avrebbe cercato di distorcere la verità sulla Massacro di Reçak.

Il Massacro di Reçak

Per anni, la Serbia ha cercato di promuovere la narrazione che il Massacro di Reçak sia stato messo in scena dal KLA e dalla comunità internazionale, sostenendo che le persone uccise lì non fossero vittime della polizia e dell'esercito serbi ma piuttosto del KLA. Questa narrazione mira a delegittimare l'intervento della NATO in Kosovo. Bedri Shabani avrebbe presuntamente tentato di sostenere la narrazione della Serbia.

Questa accusa, naturalmente, deve ancora essere provata dalla procura e dai tribunali, poiché Shabani è attualmente solo un sospettato.

Fabbricazione di una "Casa Gialla" in Kosovo

Inoltre, ci sono informazioni che indicano che Bedri Shabani avrebbe tentato di fabbricare uno scenario della "Casa Gialla", simile a quello nel nord dell'Albania, ma questa volta in Kosovo. Le informazioni operative indicano che ha cercato di convertire un vecchio ospedale del KLA nel villaggio di Mollopolc, nei pressi di Reçak, in una “Casa Gialla.
Contatti fisici e altri

Secondo quanto riferito, sia Shabani che Qerimi hanno mantenuto i contatti con il loro superiore BIA sia fisicamente che con altri mezzi.

Scoperta e arresto

Non si sa ancora esattamente quando l'AKI abbia iniziato a rintracciarli, ma si sospetta che siano stati scoperti mentre tentavano di inscenare un incidente etnico in Kosovo, una tattica spesso vista nella regione. È probabile che questo incidente abbia portato alla loro scoperta. In ogni caso, la questione è ora nelle mani della Procura.

Modus operandi

Particolarmente interessanti sono le operazioni ed i metodi dei presunti agenti serbi. Bedri Shabani ha trascorso la maggior parte del suo tempo fuori dal Kosovo, mentre Muharrem Qerimi, dopo aver lasciato la polizia, ha cercato di presentarsi come una figura importante o come qualcuno che lavorava per l'AKI o un altro servizio segreto nazionale. Nel frattempo, ha continuato a occuparsi di beni immobili.

Prove e passi successivi

Secondo le informazioni, l'accusa dispone già di prove convincenti, materiale incriminante e ampia documentazione che dimostrano i loro tentativi di danneggiare lo Stato del Kosovo.

Nei prossimi giorni verranno rivelate ulteriori prove e dettagli di questo caso, incluso un piano sinistro che presumibilmente avevano contro William Walker, l'ambasciatore americano che ha denunciato al mondo il massacro di Reçak.
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