"Rimani in silenzio su Beleri e ottieni un passaporto greco": come Atene usa la cittadinanza come strumento di influenza in Albania

 Per anni, la Grecia si è presentata come un pilastro della democrazia europea e dello Stato di diritto. Eppure, dietro la retorica levigata e gli slogan dell’UE, sembra prendere forma una strategia molto più cinica — una strategia in cui la cittadinanza viene usata come un’arma, i passaporti diventano merce di scambio e l’influenza viene esercitata in modo silenzioso, selettivo e strategico all’interno dell’Albania.

Artan Hoxha alza l’indice della mano destra nello studio televisivo mentre parla dei motivi per cui i greci concedono passaporti a determinati albanesi
 Artan Hoxha che alza l’indice della mano destra nello studio televisivo mentre parla dei motivi per cui i greci concedono passaporti a determinati albanesi

Il recente allarme lanciato dal giornalista investigativo Artan Hoxha ha messo in luce uno schema inquietante: passaporti greci concessi non per legami culturali o ragioni umanitarie, ma in cambio di silenzio politico, lealtà o utilità. Se confermata nella sua interezza, questa pratica rappresenterebbe non semplicemente soft power, ma una vera e propria manipolazione politica istituzionalizzata.

La cittadinanza come valuta: uno strumento moderno di annessione morbida

La domanda non è più se la Grecia distribuisca passaporti oltre i propri confini — lo fa. La vera domanda è perché, a chi e a quali condizioni.

Secondo le dichiarazioni pubbliche di Hoxha, individui collegati a criminalità organizzata, influenza mediatica e leva politica hanno ottenuto passaporti greci validi, spesso senza una giustificazione trasparente. Ancora più inquietante, Hoxha ha rivelato che a lui stesso è stata offerta direttamente la cittadinanza greca in cambio del silenzio — in particolare sul caso Alfred Beleri e sulle più ampie operazioni di influenza greca in Albania.

Con parole sue, il messaggio era chiaro:

Non parlare. Non indagare. Non fare domande. E il passaporto greco sarà tuo.

Questa non è diplomazia culturale.
È costruzione di lealtà transazionale.

Dai giornalisti alle reti criminali: chi ne beneficia?

Hoxha ha citato casi concreti e verificabili che sollevano seri campanelli d’allarme:

  • Gramoz Rexhepi, collegato ai cartelli della droga dell’America Latina, arrestato in Ecuador mentre era in possesso di un passaporto greco.
  • Plarent Dervishi, figura associata a gravi casi criminali in Albania, anch’egli presumibilmente in possesso di documentazione greca.

Queste non sono coincidenze isolate. Suggeriscono uno schema di naturalizzazione selettiva, in cui i passaporti non vengono rilasciati per integrare i migranti, ma per proteggere asset, facilitare la mobilità ed espandere l’influenza.

La domanda ovvia è dunque:
chi ha autorizzato questi documenti e con quale obiettivo strategico?

Silenzio mediatico in vendita?

Forse l’elemento più inquietante di questa vicenda è il tentativo di cooptazione dei giornalisti.

Giornalisti come Artan Hoxha — e altri noti pubblicamente per detenere o aver ottenuto la cittadinanza greca — sollevano legittime preoccupazioni su conflitti di interesse, neutralità dei media e influenza straniera nel dibattito pubblico albanese.

Ciò non significa che ogni giornalista con doppia cittadinanza sia compromesso. Ma quando la cittadinanza viene offerta come ricompensa per il silenzio, il confine tra giornalismo e influenza geopolitica diventa pericolosamente sfumato.

In questo contesto, l’espressione che circola online cattura perfettamente il cinismo:

«Rimani in silenzio su Beleri e ottieni un passaporto greco.»

Crudo? Sì.
Accurato? Purtroppo sì.

Reti ultranazionaliste e copertura politica

Il giornalismo investigativo, sia albanese sia internazionale, documenta da tempo l’esistenza di reti ultranazionaliste greche che operano sotto le bandiere dei “diritti delle minoranze” e della “giustizia storica”. In pratica, queste reti funzionano spesso come meccanismi di pressione politica, sostenuti da figure politiche compiacenti e protetti da un’ambiguità diplomatica.

I passaporti, in questo quadro, diventano strumenti di:

  • Costruzione dell’influenza
  • Controllo della narrazione
  • Assicurazione politica
  • Ingegneria della lealtà transfrontaliera

Il tutto mantenendo una plausibile negabilità nel quadro del diritto dell’UE.

Giornalismo non gradito: perché Artan Hoxha è diventato un problema

Artan Hoxha non è diventato scomodo perché mente.
È diventato scomodo perché ha rifiutato di scambiare la verità con il privilegio.

Svelando i legami tra criminalità organizzata, interessi politici e politiche di cittadinanza straniera, Hoxha ha messo in discussione un sistema che si regge sulla complicità silenziosa. Il suo rifiuto di accettare l’accordo “passaporto in cambio di silenzio” lo ha reso di fatto persona non grata in determinati ambienti di potere.

In altre parole, ha fatto ciò che il giornalismo dovrebbe fare.

Conclusione: i passaporti non sono documenti innocui

Un passaporto non è solo un documento di viaggio.
Nelle mani sbagliate è uno scudo, una ricompensa e un guinzaglio.

Se lo Stato greco — o fazioni al suo interno — sta effettivamente distribuendo cittadinanze a criminali, influencer o giornalisti in cambio di lealtà o silenzio, allora questa non è diplomazia. È ingegneria politica occulta.

L’Albania, le sue istituzioni e l’opinione pubblica devono prendere la questione seriamente.
Perché quando i passaporti vengono usati per comprare il silenzio, è la sovranità ad essere venduta.

E la storia dimostra che l’annessione morbida spesso non inizia con i carri armati —
ma con documenti timbrati in silenzio, a porte chiuse.

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