Il 30 aprile 2011, il mondo diede l'addio a una delle voci più profonde della letteratura: Ernesto Sábato, scrittore e saggista argentino di origine arbëreshë (albanese). Noto per i suoi romanzi introspettivi e le profonde riflessioni morali, Sábato lasciò un'eredità segnata non solo dalla brillantezza letteraria ma anche da momenti di sincera connessione umana, uno dei quali ebbe luogo in Albania.
Di Visar Zhiti
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Ernesto Sábato a destra in Albania e a sinistra Visar Zhiti, Albania, 1995 |
Nel 1995, nonostante fosse fisicamente provato ed emotivamente esausto, Ernesto Sábato intraprese il viaggio in Albania per ricevere il prestigioso Premio Kadare. Era la prima volta che il premio veniva assegnato e Sábato si sentì in dovere di onorare il paese "povero ed eroico" dei suoi antenati. La sua esperienza a Tirana divenne uno degli episodi più toccanti della sua vita.
"Ero esausto", scrisse in seguito Sábato nel suo ultimo libro Prima della fine, "ma andai lì per rendere omaggio a quella terra povera ed eroica, che per la prima volta mi conferiva questo premio. Nella città di Tirana, ricevetti gli onori più commoventi della mia vita".
Fu profondamente toccato dal popolo albanese, una nazione ancora segnata da decenni di brutale dittatura. "Volti segnati dalla sofferenza, tetri bunker lasciati da un regime paranoico", annotò, eppure in quella desolazione trovò calore, riverenza e un'accoglienza quasi regale. "Mi ricevettero come un protettore, come un re, come il loro figlio prediletto".
Durante la cerimonia di premiazione, all'autore argentino fu donato qualcosa di profondamente simbolico: un'urna piena di terra del luogo di nascita di sua madre, presentata dallo scrittore albanese Visar Zhiti. Zhiti, un ex prigioniero politico, raccontò di come avesse segretamente copiato brani di Camus e dello stesso Sábato, in particolare il passaggio "Caro e lontano ragazzo" da Il tunnel, in un piccolo quaderno mentre era in prigione. Quelle parole gli avevano dato la forza di sopravvivere all'oscurità della sua prigionia.
"Fui scosso e commosso", scrisse Sábato, "che le mie parole fossero servite a quell'eroe, uno dei tanti che vivono in quel paese, ancora combattendo".
Il giorno seguente, furono congedati con musica e fiori. Il peso emotivo dell'esperienza fu così intenso che Sábato svenne all'aeroporto di Vienna. "Solo dopo diverse ore potemmo ripartire per Madrid", ricordò.
Tornato a casa, in lutto per la recente morte del figlio Jorge, Sábato rifletté sul dolore e sulla nobiltà che aveva testimoniato in Albania. "Penso a quelle madri che hanno visto morire i loro figli nei modi più barbari e che riescono ancora ad essere così piene di spirito", scrisse. In solitudine, si chiese: "Che tipo di Dio si nasconde dietro tanta sofferenza?".
La visita di Ernesto Sábato in Albania fu più di un viaggio cerimoniale: fu un pellegrinaggio spirituale. In quel piccolo paese martoriato, trovò uno specchio della sofferenza e della resilienza dell'umanità e, in cambio, l'Albania trovò in lui una voce di dignità, ricordo e compassione.
La sua eredità continua a risuonare attraverso le sue parole che, come nel caso di Visar Zhiti, sono state un'ancora di salvezza nei momenti più bui.
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