Denata Ndreca è una poetessa, scrittrice, giornalista e traduttrice di origine albanese, nata a Shkodër nel 1976, che dal 2000 vive e opera in Italia, più precisamente a Firenze.
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| Copertina del libro dell'autrice Denata Ndreca "In quale lingua dovrei morire" |
Ha pubblicato numerose raccolte di poesie (“A nord delle mie costole”, “Tempo negato”, “Un faro nella nebbia”, “Senza paura” e altre) e libri per ragazzi (“La carrozzina magica”, “Sono io”, etc.), con traduzioni in inglese, spagnolo, francese, thailandese, albanese, e inserimenti nelle antologie scolastiche in Thailandia.
In quale lingua devo morire: il nuovo libro
Il suo ultimo lavoro, In quale lingua devo morire (Editore: Besa Muci, uscita il 26 settembre 2025, si presenta come un’opera che accende interrogativi profondi: quale lingua, quale voce, quale identità ci abita fino a che punto — fino alla soglia della morte simbolica, o forse reale — e come queste lingue intrecciate ci plasmano, ci dividono o ci salvano.
Dal post su Facebook che accompagna l’uscita:
“La prefazione porta la firma di Eugenio Lucrezi, e lo ringrazio con tutto il cuore. Un grande grazie di cuore anche all’artista Donato Nitti per aver concesso la sua opera come copertina ed ai tipi di Besa editrice per avermi voluta di nuovo nella loro casa.
E soprattutto, grazie a chi in questi anni mi ha accompagnata fin qua, ovvero agli occhi dei lettori. Perché devo solo a loro tutto questo.”
Il titolo stesso — In quale lingua devo morire — suggerisce una doppia tensione: da un lato l’appartenenza / la lingua materna, dall’altro la lingua acquisita, la lingua dell’adozione, della migrazione, o della nuova patria poetica. È un titolo che parla di identità sospese, ma anche di scelta — come se la morte simbolica potesse avvenire in una lingua o nell’altra, oppure in nessuna, oppure in entrambe.
Cosa offre questo libro
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Una scrittura matura, che ha assorbito anni di pratica poetica, attraversamenti culturali, dolorose separazioni e intime riconciliazioni. Denata Ndreca non è nuova alla sfida della lingua italiana: nelle sue raccolte precedenti ha mostrato come l’italiano possa diventare non solo uno strumento, ma un luogo poetico in sé.
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Una consapevolezza identitaria che non si chiude in nostalgia, ma guarda con coraggio sia al passato sia al presente, mettendo in dialogo la lingua albanese, l’italiano — e forse altre lingue interiori — come corde di un unico strumento.
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Temi universali: l’appartenenza, la lingua, il silenzio, il tempo negato, la memoria, la migrazione, l’amore che sopravvive sopra le distanze. Per un lettore italiano, ma anche internazionale, il libro può essere specchio e apertura — specchio delle proprie fragilità, apertura verso l’altro.
Perché leggerlo
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Per scoprire una voce che ha già dimostrato forza, delicatezza, autenticità, e che con questo libro si pone forse davanti alla domanda più profonda che un poeta possa farsi: in quale lingua potrò continuare ad esistere quando tutto sarà tolto?
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Perché è importante sostenere le voci di chi vive tra mondi, che traducono non solo parole ma sentimenti, storie, dolori e speranze che altrimenti rischiano l’oblio.
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Perché Denata Ndreca ci invita a riflettere: sulla lingua che abitiamo, sulla lingua che usiamo per dirci, per amarci, per partire, per restare, per morire — e per rinascere.
Alla fine
In quale lingua devo morire non è soltanto una raccolta di poesie: è un varco. Un invito alla lettura che si fa respiro, cordialità, vertigine. È un titolo che pesa, ma anche che promette. E chi ama la poesia, l’identità, il linguaggio — chi ama le parole che attraversano confini — troverà in questo libro un fermo motivo per ascoltare, riflettere, e forse stare un po’ meglio, pur dentro le sue crepe.

