Il ritorno dell'influenza ottomana a Tirana? Il ruolo espansivo di Erdogan in Albania e nei Balcani

 La recente inaugurazione della Moschea di Namazgja a Tirana, Albania, alla quale hanno partecipato il Primo Ministro albanese Edi Rama e il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha sollevato preoccupazioni riguardo all'espansione dell'influenza della Turchia nei Balcani. La moschea, finanziata interamente dalla Turchia per un importo di 30 milioni di euro, rappresenta la più grande della regione, un simbolo delle durature relazioni della Turchia con i Balcani, che risalgono oltre sei secoli all'Impero ottomano.

Erdogan e un imam di origine turca pregano nella Moschea appena inaugurata a Tirana
 Erdogan e un imam di origine turca pregano nella Moschea appena inaugurata a Tirana
Sebbene l'apertura di una moschea possa sembrare al primo impatto un gesto di buona volontà, le implicazioni più profonde di questo evento non sono rimaste nascoste. Storicamente, l'Impero ottomano ha diffuso la sua influenza attraverso una combinazione di sforzi religiosi e militari. Prima di schierare le sue armate, l'Impero avrebbe inviato leader religiosi—imam—nelle terre che cercava di controllare. Questi clerici predicavano l'Islam, non solo come una religione ma come una forza politica, che in seguito facilitò le conquiste militari dell'impero. Oggi, alcuni sostengono che la Turchia di Erdogan stia seguendo uno scenario simile, anche se con nuovi strumenti.

La scelta di Erdogan di nominare un imam turco per guidare la Moschea di Namazgja—edificata su terreno di proprietà della comunità musulmana albanese ma principalmente gestita da una fondazione turca—ha suscitato critiche. L'Albania, con una popolazione musulmana significativa, è vista come un terreno fertile per le ambizioni regionali crescenti della Turchia. L'assenza di leader chiave dalla comunità musulmana albanese durante la cerimonia d'inaugurazione, dichiaratamente dovuta alle loro connessioni con il movimento Gulen (un movimento che Erdogan considera un'organizzazione terroristica), ha ulteriormente approfondito i sospetti sulle intenzioni della Turchia. Il governo di Erdogan considera i gulenisti, che hanno avuto legami forti con la leadership islamica albanese, come opposizione pericolosa, e la sostituzione di questi figure con clericati allineati alla Turchia sembra essere parte di una strategia geopolitica più ampia.

Aggiungendo ulteriore complessità, la Moschea di Namazgja non è solo un regalo religioso. La Turchia ha recentemente fornito l'Albania con droni militari, segnalando che i suoi interessi nel paese si estendono oltre i legami culturali e religiosi. Questa combinazione di potere soft basato sulla religione e assistenza militare ricorda l'approccio bipartito dell'Impero ottomano, che spesso utilizzava la religione come portale per ampliare la sua presenza politica e militare.

Mentre Erdogan si concentra sull'Islam come collegamento culturale con l'Albania, il suo approccio verso la Serbia è nettamente diverso. Diversamente dall'Albania, la Serbia è prevalentemente cristiana ortodossa, con molto meno musulmani da mobilitare attorno a un collegamento religioso. Eppure, Erdogan è previsto firmare accordi economici con la Serbia, indicando che mentre l'influenza religiosa potrebbe essere meno efficace là, le ambizioni della Turchia nella regione non sono limitate ai vincoli culturali o religiosi. Al contrario, i legami economici servono come mezzo per influenzare dove l'Islam non ha molto peso.

Questa duplice strategia nei Balcani - l'approccio religioso nei paesi con maggioranza musulmana come l'Albania e le partnership economiche negli stati con maggioranza ortodossa come la Serbia - evidenzia la politica estera flessibile della Turchia sotto Erdogan. Alcuni esperti vedono questo come parte dell'obiettivo più ampio di Erdogan per riportare la Turchia a una posizione dominante nella regione, simile al suo predecessore ottomano.

La cronologia delle visite e delle azioni di Erdogan nei Balcani suggerisce uno sforzo calcolato per contrastare gli influenti rivali, in particolare quello del movimento Gülen, che rimane popolare tra certi gruppi di leadership musulmana albanese.

Non va dimenticata l'ironia storica: il fondatore della moderna Turchia secolarista, Mustafa Kemal Atatürk, era di discendenza albanese, e la sua visione di una Turchia moderna e secolarista ora è in contraddizione con le politiche più religiose ed espansionistiche di Erdogan. Gülen stesso, il cui movimento cerca di conciliare l'Islam con i valori moderni, segue una visione più vicina a quella di Atatürk, e il suo sostegno tra la diaspora albanese in Turchia presenta un ulteriore sfida per le ambizioni di Erdogan.

Per l'Albania, un paese che si vanta della propria armonia religiosa, la Moschea di Namazgja è diventata un punto focale per manovre geopolitiche più ampie. Il primo ministro Rama ha enfatizzato la tolleranza religiosa nel suo discorso durante l'apertura della moschea, citando anche la figura storica Haxhi Hafiz Ibrahim Dalliu, un leader musulmano che fu determinante nell'indipendenza dell'Albania dall'Impero ottomano nel 1912. Tuttavia, mentre la leadership albanese cerca di bilanciare le sue relazioni con la Turchia, l'inaugurazione della moschea ha sollevato preoccupazioni sul potenziale aumento dell'influenza turca - religiosa, politica e militare - sulla sovranità dell'Albania.

Le dichiarazioni di Erdogan durante la cerimonia evidenziano ulteriormente le ambizioni più ampie della Turchia. Accanto alle sue lodi per i "legami secolari" tra Turchia e Balcani, Erdogan ha usato la piattaforma per lanciare un attacco contro Israele riguardo al conflitto con Gaza, accusandolo di "terrorismo di stato". Questo spostamento su una scena globale, invocando le lotte più ampie dell'Islam, sembra far parte dello sforzo continuo di Erdogan per posizionarsi come leader del mondo musulmano, capace di difendere le comunità musulmane a livello globale, dal Medio Oriente ai Balcani.

In conclusione, mentre l'inaugurazione della Moschea di Namazgja appare in superficie come un simbolo dell'amicizia tra Albania e Turchia, le motivazioni sottostanti possono essere più complesse. Con nomine religiose, aiuti militari e accordi economici, la Turchia di Erdogan sembra pronta ad estendere la sua influenza nei Balcani, proprio come fece lo Stato ottomano secoli fa. Per l'Albania, una nazione che una volta combatté per la sua indipendenza dall'impero ottomano, la domanda ora è se la storia stia ripetendosi in una forma più sottile, ma altrettanto potente.
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