Un documento recentemente scoperto rivela che le unità speciali di polizia serbe avevano redatto una lista per l'esecuzione di 66 cittadini albanesi nel febbraio del 1999, poche settimane prima dell'inizio della campagna aerea della NATO contro il regime di Slobodan Milošević.
Il documento, intitolato "Lista degli albanesi da liquidare con procedura immediata", porta la firma del colonnello M. Marinković, comandante di una unità speciale di polizia serba. La lista include i nomi di 66 albanesi, molti dei quali erano figure pubbliche, intellettuali e voci prominenti durante gli anni turbolenti che hanno preceduto la guerra del Kosovo.
Tra i nomi segnati per l'esecuzione c'era Bajram Rexhepi, che in seguito sarebbe diventato Primo Ministro del Kosovo. Durante la guerra, Rexhepi prestò servizio come medico nell'Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA). Un altro nome sulla lista era Sadri Ferati, che in seguito ricoprì la carica di Ministro dell'Amministrazione Locale nel Governo del Kosovo.
Il documento descrive una struttura di zone operative, con individui specifici incaricati di eseguire le esecuzioni in ciascuna area. Tra quelli ritenuti coinvolti nell'attuazione di questo piano c'erano Dejan, Ratko (probabilmente Ratko Antonijević, ex direttore del carcere di Mitrovica), Kasallović e Ajeti – che potrebbe riferirsi a Sherafedin Ajeti, anche lui ex direttore del carcere di Mitrovica.
Il 24 marzo 1999, mentre la NATO iniziava i suoi bombardamenti contro obiettivi militari e di polizia serbi, si crede che le forze serbe sul terreno abbiano iniziato ad attuare il piano. Una delle prime vittime fu Agim Hajrizi, un attivista ben noto e leader della comunità a Mitrovica.
Quella stessa sera, in un brutale attacco a casa sua, Agim Hajrizi, suo figlio di 11 anni Ilir e sua madre anziana furono uccisi. La violenza non si fermò lì: anche il noto poeta e attivista Latif Berisha fu ucciso nel suo appartamento quella notte.
Aferdita Hajrizi, vedova di Agim Hajrizi, in seguito ha reso una testimonianza potente presso il Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY), dove ha identificato diversi dei responsabili. Tra loro c'erano Nenad Pavićević, Ratko Antonijević, Dejan e Boban – uomini che lei ha dichiarato fossero stati coinvolti in violenze contro gli albanesi anche prima dell'inizio della guerra.
“Conoscevamo i nostri assassini – erano i nostri vicini in uniforme,” ha ricordato Aferdita nella sua testimonianza, sottolineando che i colpevoli non erano estranei o sconosciuti, ma persone con cui avevano vissuto accanto per anni. “Non sono venuti per intimidire, ma per eliminare. L'omicidio di Agim non è stato solo un crimine – è stato un atto deliberato di pulizia etnica e politica.”
Queste rivelazioni, riportate da RTK, fanno luce sulla natura premeditata della campagna della Serbia contro i civili albanesi in Kosovo, evidenziando l'urgenza di ottenere giustizia e responsabilità per i crimini commessi durante la guerra.