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Dal libro I giorni della pace, è stato ispirato ed è nato Il cammino della pace, che partiva dal cuore di Firenze, la chiesa di San Miniato al Monte ed arrivava al Vaticano, al quale hanno partecipato gruppi di etnie e religioni diverse.
Denata, secondo te, la poesia deve o non deve esimersi dal legame con la vita?
- Ecco, forse, qualcosa che la poesia non può contenere, è proprio il “deve”, altrimenti verrebbe a mancare un fattore importante. Sarebbe come dire che il papavero deve nascere solo in determinati campi e, non sarebbe giusto, perché la poesia è un po’ anche questo – un seme che non sapremo mai dove i venti lo porteranno, nella speranza di poter germogliare. Oppure, come diceva Montale: “i funghi nati spontaneamente in bosco”. Mettiamo che, con una formula ben precisa, siamo in grado di calcolare e decidere che gli anni delle nostre vite devono avere la lunghezza di un tot numero (numero che in condizioni normali, non ci è dato sapere). Proviamo per un attimo a pensare, che cosa accadrebbe all’intensità del nostro tempo. Saremmo più capaci a sentirsi liberi? Saremmo più capaci a pensare in maniera incondizionata? Ed ecco qua di nuovo, il primo fattore che ci veniva a mancare. Qualcosa sarebbe in grado di controllare le nostre sensazioni, i nostri sentimenti, il nostro stato psichico. Qualcosa sarebbe in grado di condizionare completamente anche le nostre volontà. Lo stesso condizionamento che può avvenire e avviene anche per ragioni morali e sociali, oppure per intelligenze artificiali. Quindi, questo valore ignoto, è uno degli elementi più importanti per determinare le nostre azioni, ma soprattutto, in questo caso, è proprio quello che va caratterizzando uno dei coefficienti che misura la poesia: il ritmo. Motivo per il quale ce ne accorgiamo quando avviene in urgenza. Motivo per il quale sentiamo il battito di qualcosa che abbiamo fatto nascere. Un cuore batte solo se rimane in vita. Certo è il fatto che, una forma di deve può appartenere a scuole diverse e, per diverse intendo quella derivata dallo studio e quella derivata da contesti storici ben precisi. Quando una poesia nasce solo in contesto condizionato, a prescindere nel quale, non possiamo escludere il fenomeno della manipolazione lucida (come nel caso della censura), in quanto questa forma di espressione, non è e non può essere mai un elemento del tutto neutro. Ed ecco che, siamo davanti ad un deve necessario, ovvero il requisito dell’aderenza alla verità, dove la poesia può delineare il termine, restituendoci il luogo della libertà – come primo elemento necessario per sentirsi vivi.
La tua poesia è connessa fortemente ad un concetto di umanità che appartiene al presente e rinuncia in un certo qual modo al lirismo per farsi mezzo di comunicazione, di lotta civile e condivisione attraverso l’utilizzo di un versificare delicato ma al tempo stesso chiaro e diretto. Ci sono delle poesie che hai scritto in cui le parole tendono a celare qualcosa, per farne al contempo poesia di “intimità”?
- “Giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità”, dice la formula di giuramento dei testimoni in giudizio. E, se in questa vita, siamo testimoni chiamati in un preciso momento storico – in attesa di un giudizio – credo sia giusto essere anche ricercatori di verità. Verità di fatto. Verità che sono state accertate attraverso la nostra stessa esperienza, attraverso il nostro cammino, in modo da poter veicolare un messaggio di resistenza, di lotta e di giustizia. Non con sentimentalismo, quanto con la consapevolezza e la responsabilità che richiede ogni verità. Talvolta, le verità più grandi sono proprio quelle che celiamo dentro noi stessi e, qui ci vuole lo stesso coraggio, per lasciare che il verso o il vento – vada verso dove vuole. Ci vuole un atto d’amore. Sempre. E quindi sì. Quale povera anima, quale povera poesia può essere quella che non ha mai cantato l’amore?
Nel tuo ultimo libro di poesie “Fiori dei Balcani” attraversi temi importanti come la violenza sulle donne, la denuncia delle ingiustizie e il femminismo, ma non in modo “rabbioso”, al contrario offri al lettore una speranza, una possibilità di rinascita attraverso la metafora della “rifioritura”. A tal proposito cito alcuni versi che aprono questa raccolta: “Ricordati di compiere / la tua unica vendetta/ rifiorire.” Nell’esistenza di ognuno di noi si alternano ombra e luce, dolore e gioia, morte e vita; la poesia, secondo te, percorrendo il tema della rifioritura può aspirare anche ad un rinnovamento della parola stessa?
- Da sempre, l’uomo vive e convive con la paura di morire. Il concetto della rifioritura nei Fiori dei Balcani, è una colonna portante. I fiori hanno la capacità di insegnarci di morire con dignità, l’accettazione delle stagioni. I loro tempi. Le loro condizioni e le mutazioni. Hanno la capacità di esprimere con grazia e in pieno rispetto, tutto ciò che un seme supera per poter germogliare e tornare alla vita. Di nuovo. Quanta forza ha dovuto usare una viola per annunciare davanti ai nostri occhi l’arrivo della primavera? Per quanto tempo questo seme è rimasto in silenzio, nel buio del grembo della terra? Fare come i fiori, per me, è stata la risposta giusta.
Denata, tu sei originaria di Scutari, una tra le più antiche città europee e fra le più grandi d’Albania; la nazionalità in campo poetico ha una sua influenza? Tu sei molto seguita e apprezzata dai lettori, hai inoltre ricevuto vari riconoscimenti, ma ci sono dei poeti albanesi che vorresti far conoscere maggiormente in Italia?
- I poeti appartengono a tutti e sono di nessuno. Ma questo accade dopo la morte. Di certo, fino a quella morte – moriamo per rinascere tante altre volte. A differenza di altre forme di ricerca e di comunicazione, il poeta riveste la storia con memoria umana, dando respiro e dignità alle verità dei luoghi che lo hanno nutrito. Quindi, sì. La nazionalità ha un’influenza, in quanto esperienza comune di ogni essere. Ciò che poi fa la differenza, come le realtà spesso possono testimoniare, lo fa – la provenienza. E qui, al campo poetico, aggiungo quello filosofico politico, in quanto dovrebbe rappresentare il cuore pulsante del pensiero umano sulla società, sul potere e sulla giustizia. Prima parlavo del condizionamento e della manipolazione. Questo può essere un effetto collaterale che subisce non solo la poesia, quando la classifichiamo secondo la nazionalità, ma ogni persona e ogni organo informativo.
Sono nata a Scutari, la culla della cultura albanese. Aggiungo – autentica, in quanto lo ritengo un fattore fondamentale per la crescita e per la propria identità. È stata la città più colpita dalla dittatura, proprio per i figli di arte che aveva partorito. Sono fortemente legata ai grandi nomi della poesia albanese, come Migjeni (1911 – 1938), Lasgush Poradeci (1899 – 1987), Fan Noli (1882 – 1965), Gjergj Fishta (1871 – 1940) e Frederik Rreshpja (1940 – 2006). Nomi che sono sempre presenti con me. Ovunque io sia.
Dopo il libro Fiori dei Balcani e in merito anche al tuo impegno nel sociale hai dei progetti futuri? Quali sono?
La stagione della fioritura passa velocemente, quindi, occorre fare riserva di fede buona e tornare a lavorare la terra.